Pubblicità CheBanca: Il rispetto del denaro di CheBanca
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I precedenti spot di Chebanca, quelli musical, dove con balli e cantate si veniva invitati a scoprire questo istituto bancario, non mi sono mai piaciuti un granchè, ne dal punto di vista dell’ idea, ne nella loro realizzazione.
Non che visto che si tratta di gestire il denaro gli spot debbano essere più seriosi, anzi lo spot noioso è sempre controproducente, ma per una banca non mi sembravano adatti.
E le canzoncine erano insulse.
Adesso, anche se la campagna pubblicitaria è affidata sempre alla stessa compagnia, si cambia sicuramente registro e viene fuori qualcosa di memorabile (il termine più usato da Benigni nel suo intervento a Sanremo), anche se leggermente discutibile.
Intanto la musica di Beethoven è un’altra cosa ! E’ trascinante, è una marcia trionfale, è allegra ma importante.
Nella presentazione dell’agenzia Casiraghi Greco& il tema dello spot è la corale voglia di cambiamento con i protagonisti che si liberano dei tradizionali ( ??? nel dopoguerra forse) metodi di conservazione dei risparmi rompendo salvadanai, tagliando materassi, sventrando casseforti per portare tutto in Chebanca .
Bella l’idea, esposta così.
Ma l’italiano che conservava il denaro nel materasso lo faceva perchè profondamente rispettoso dei suoi risparmi, da tenere vicino, da proteggere, da custodire con la propria presenza, non tanto per l’importanza del denaro in se, ma per la sicurezza e la tranquillità che poteva infondere ad una famiglia dai mezzi limitati..
Orgoglioso di avercela fatta a raggranellare il gruzzoletto da custodire gelosamente per i tempi di difficoltà, che certo sarebbero arrivati.
Il salvadanaio è stato per una o due generazioni il simbolo dell’educazione al risparmio. Veniva regalato dai genitori, dagli zii, dai nonni, quando si riteneva il bambino abbastanza maturo da capire l’importanza del risparmio.
La cassaforte in casa più che un metodo di risparmio è stata da una parte la consapevolezza di aver superato i tempi duri che magari hanno colpito i genitori del dopoguerra e dall’altra il timore ancora forte di separarsi dai propri risparmi sudati e la diffidenza ad affidarli alle banche.
La pioggia di denaro che vola dai balconi, le monete disperse sotto i mobili, le banconote prese a manate e non contate ad una ad una non rappresentano assolutamente gli italiani sempre alle prese con i conti di fine mese, più che per necessità di far quadrare i conti per una cultura del risparmio che ha salvato l’Italia dopo gli sfracelli della guerra non così lontana e dalle crisi economiche degli anni ’70.